Casa Miriam: il sogno diventa segno


Ci sono giorni in cui è indispensabile raccontare una fiaba, perché

Le favole non insegnano ai bambini che i draghi esistono, i bambini lo sanno benissimo, ma insegnano loro che i draghi si possono sconfiggere.”

Gilbert Keith Chesterton

E Casa Miriam è quel luogo magico in cui molti draghi sono stati sconfitti.

E in Casa Miriam gli ingredienti della fiaba c’erano tutti, in un modo onell’altro ci sono sempre stati, come in ogni vita, poiché Casa Miriam rappresenta la “vita”… tante vite.

E pensando a Casa Miriam potremmo iniziare tante storie con “C’era una volta… in un tempo lontano lontano…” quante sono le mamme che sono passate: C’era unavolta… nel 2003, quando l’avventura è cominciata e oggi c’è ancora, nella mente e nel cuore di tutti coloro che hanno  avuto la fortuna di incrociarla.

C’era una volta Casa Miriam e tutto l’entusiasmo dei volontari nel preparare un luogo ospitale per l’ingresso delle mamme e dei loro bimbi e la trepidante attesa di sperimentare concretamente quell’accoglienza dentro la relazione.

C’era una volta Casa Miriam e le iniziali diffidenze delle mamme all’ingresso e le difficoltà a trovare il canale giusto per far loro percepire quell’affetto familiare del quale necessitavano… e la relazione con i bambini, punto di forza che ha consentito l’apertura, con modalità differenti, di tutte le donne incontrate…

C’era una volta Casa Miriam, una storia di accoglienza difficile da raccontare perché le parole spesso sono "piccole" specialmente se si tratta di sentimenti e di emozioni.

C’era una volta Casa Miriam, una storia di accoglienza e di amore umile, talvolta faticoso, che mette alla prova ma che, se ti ci tuffi veramente, ti cambia di dentro e ti rende più ricco, più umano.

C’era una volta Casa Miriam, una realtà nata da un sogno condiviso. 

C’era una volta Casa Miriam, un luogo al quale si doveva accedere con estrema delicatezza, in punta di piedi. Non era consentito entrare a gamba tesa, sia pur con le migliori intenzioni, nella vita di chi era già stato provato da varie e diverse vicissitudini.

C’era una volta Casa Miriam, un luogo ripensando al quale la prima cosa che viene in mente è lo “sguardo”, soprattutto dei bambini. Non si può dimenticare quello sguardo "adulto" di tanti piccoli, al loro arrivo.

C’era una volta Casa Miriam, dopo il percorso, quegli stessi bambini, in uscita, erano sereni, complici, capricciosi quanto basta, come deve essere normale per quell'età.

C’era una volta Casa Miriam, una casa accogliente e sicura, che offriva protezione a chi, probabilmente, non era mai stato protetto, un luogo di cura dove si coltivavano risorse in chi vi abitava e in chi vi lavorava, un luogo dove ognuno poteva scoprire o riscoprire il proprio positivo ed essere valorizzato per questo. 

C’era una volta Casa Miriam, e oggi c’è ancora, perché continuerà a vivere nei bambini che sono cresciuti al suo interno, e che forse, adesso, stanno portando per il mondo i frutti di quanto seminato da chi, con dedizione e affetto, li ha accompagnati per un pezzetto di strada. 

C’era una volta Casa Miriam e oggi che le sue mura fisiche sono cadute, le dimensioni di quella casa si sono ampliate a dismisura, proprio perché ciascuno di noi ne porta un pezzetto nel cuore e nel mondo. Quel sogno in cui il CAV ha  coinvolto tanti volontari e operatori è diventato “segno”, il segno indelebile di una cultura dell’accoglienza che ci rende tutti un po’ più solidali, un po’ più comprensivi, un po’ più umani, un po’ più veri.


Sonia (Coordinatrice)


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